30 ottobre 2007

E' bello fare il giornalista?


Qualcuno un giorno disse: sempre meglio fare il giornalista che lavorare. Vero. Anzi verissimo. Non sembra lavoro un’attività che si fa con passione, talvolta con la frenesia di voler arrivare a toccare con mano una verità spesso mistificata coperta o sommersa. Non è un lavoro un qualcosa che si fa con amore immenso, un sentimento totalitario che non conosce ostacoli insuperabili,che non teme i pericoli. “Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce” diceva il grande filosofo Cartesio. Chi tenta, da precario a volte sottopagato, incurante di sottrarre ore al sonno, alla casa ai figli, mogli mariti e fidanzati, che è capace di resistere a stimoli vitali quali la fame e la sete pur di stare sulla notizie agisce con il cuore. La ragione, semmai, torna protagonista quando in nome di un giusta etica e deontologia cerca di dare un’informazione corretta, coerente, facilmente comprensibile e verificabile. Purtroppo per dieci, cento mille giornalisti che sbagliano, certo, esagerano, ma di sicuro faticano, come pochi possono immaginare pur di stare sulla notizia c’è sempre una qualche pecora nera. E’ l’eccezione che conferma la regola. C’è chi, infatti, ha scoperto che invece di lavorare ci si può far fare un contratto da giornalista. Qual è la differenza? Enorme. Per prima cosa devono esserci le condizioni affinché ciò avvenga. E’ sufficiente trovare un ente, difficilmente un editore sarebbe cosi sprovveduto, disposto a non badare a spese pur di dotarsi dell’ importante figura del portavoce. Tutto qui ? No. Nessuno deve poi controllare se la produttività sia pari allo stipendio percepito;pena la nullità e l’inefficacia dell’operazione. Tutto chiaro ora. Ancora no?????. Ma allora non siete mai stati alla Perla del Tirreno.
Gaia Letizia

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