“Sento il dolore del mio paese con le sue città in fiamme – le sofferenze inflittegli dai suoi nemici e dai suoi alleati – sento l’angoscia del mio paese lacerato nel corpo e nell’anima – chiuso nella ferrea trappola della sofferenza.”
Robert Brasillach (Nato a Perpignan, nei Pirenei Orientali il 31 marzo 1909. Assassinato il 6 febbraio 1945 a Montrouge)
Il 6 febbraio 1934, a Parigi, in Place de la Concorde, per la prima volta scendono in piazza, fianco a fianco in una grande manifestazione di protesta contro il simbolo della democrazia parlamentare, il Palais Bourbon (la camera dei deputati) e contro il governo a matrice radical-socialista presieduto da Daladier, militanti dell’estrema sinistra e dell’estrema destra. Tutti assieme, mischiati tra di loro i Camelots du Roi, gli attivisti dell’Action Française, i giovani operai della ‘cintura rossa’, membri della Jeunesse Patriote e militanti comunisti, ex combattenti disoccupati e studenti.
"Quanto a noi, non dobbiamo rinnegare il 6 febbraio. Ogni anno andiamo a portare delle violette in piazza della Concordia, davanti a quella fontana che è diventata un cenotafio (un cenotafio sempre più vuoto), in memoria di ventidue morti. Ogni anno la folla diminuisce, perché i patrioti francesi sono dimentichi per natura. Solo i rivoluzionari hanno compreso il senso dei riti e delle cerimonie. Ma se il sei febbraio fu un complotto malriuscito, fu d’altra parte una istintiva e magnifica rivolta, fu una notte di sacrificio, che resta nel nostro ricordo con il suo odore, il suo vento freddo, le sue pallide figure accorrenti, i suoi gruppi umani lungo i marciapiedi, la sua speranza invincibile in una rivoluzione nazionale, la nascita esatta del nazionalismo sociale nel nostro Paese. Che importa se più tardi tutto è stato sfruttato, dalla sinistra e dalla destra, di quel fuoco bruciante, di quei morti che sono stati puri. Non si impedirà a quello che è stato di essere stato.”
Robert Brasillach, Notre avant-guerre.
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