06 agosto 2007

Casa comune e cosa privata

Come volevasi dimostrare.
I proclami e le dichiarazioni “rivoluzionarie” del sindaco Tidei vengono come sempre smentite dai fatti.
La nascita della Multiservizi doveva essere la grande novità imprenditoriale nell’orizzonte santamarinellese, doveva coinvolgere i lavoratori precari per una loro definitiva sistemazione contrattuale, doveva migliorare la qualità dei servizi.
A tutt’oggi, invece, l’Amministrazione non sta facendo altro che ignorare la stessa Multiservizi.
Abbiamo esternalizzato la contravvenzione delle infrazioni stradali, abbiamo esternalizzato il recupero delle multe non pagate, abbiamo esternalizzato la manutenzione dell’impianto d’illuminazione, abbiamo esternalizzato il servizio idrico, abbiamo esternalizzato il castello di santa severa, abbiamo l’AMA per la raccolta dei rifiuti, con i disservizi che conosciamo, e in più ora le daremo anche la raccolta differenziata porta a porta (come premio?), ci sono quindi altre sei società che si sono aggiunte alla Multiservizi impedendo quindi alla stessa la possibilità di offrire una migliore condizione contrattuale ai propri lavoratori.
Lavoratori che non solo non sono stati regolarizzati, ma sono ancora privi di contrartti adeguati.
Ora anche il servizio di trasporto dei bambini nelle scuole sarà esternalizzato ad un’altra società ma non alla Multiservizi. Quindi ora anche per i servizi alla persona, anche quelli più delicati, l’amministrazione dichiara la sua incapacità. Si parla sempre di risparmio, e guarda caso il risparmio non si fa sulle consulenze ultrapagate, né sulle cene di rappresentanza né sulle decine di manifestazioni a fuochi d’artificio.
La valutazione è semplice: questo Comune non riesce a svolgere i propri servizi, la Multiservizi appare sempre di più un bluff, buono per effettuare manovre elettorali e divisione di poltrone, le spese del comune dimostrano la politica d’apparenza tipica della destra.
Il Sindaco, che ormai governa con partiti che non sono stati votati dagli elettori, fa il fumo e si mangia l’arrosto.
Giovanni Dani

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